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Scritti per Ventiquattro

Un altro giorno, un altro sesterzio

di Tullio Avoledo

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25 novembre 2009

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Chiudo gli occhi e recito.
«Quando l'imperatore seppe che il suo regno
sarebbe terminato a causa di un bambino
nato in quel giorno, armò la truce mano
delle sue guardie e disse: non resti un solo infante
vivo in Betlemme…».
Peccato che Adriano fosse nato quasi ottant'anni dopo quel mitico episodio, che chissà perché sembra aver impressionato i bardi germanici, dato che la cosiddetta Strage degli Innocenti ricorre in ben sette saghe. Lo so perché mi sono laureato, su quelle saghe. La famigerata Strage sembra sia attribuibile in realtà a un re locale di quella che un tempo era nota come Giudea e ora è un protettorato del regno di Emesa. Adriano, prima il più mite e poi il più feroce imperatore romano, ideò quella che la storia chiama "soluzione finale del problema giudaico" dopo che un fanatico ebreo, a Cesarea, aveva assassinato il suo amato Antinoo. Il massacro che ne seguì mise in ombra le cosiddette "purghe di Pilato" e le due guerre sotto la dinastia Flavia, trasformando la Giudea in un deserto, che due secoli dopo si rivelò il ventre molle dell'Impero.
Un applauso entusiasta saluta la fine della poesia.
Grazie, grazie.
L'omnibus scende lentamente la rampa lastricata che porta alle sponde del Tevere, tutt'altro che "biondo". Come tutt'altro che azzurro è il cielo. Il sistema fognario cittadino manca di manutenzione da un millennio e mezzo. E i fumi di carbone e legna, oltre a quelli delle pire funerarie nei coemeteria fuori dalle mura, ammorbano l'aria. Per non parlare del lezzo dei cadaveri lasciati in pasto agli uccelli sulle torri zoroastriane della concessione persiana, a meno di mezzo miglio da qui. Che dei turisti paghino fior di sesterzi per un tour di tre giorni in questa fogna mi sembra un delitto, quando con quei soldi potrebbero spassarsela per un mese alle isole di New Avalon, o fra le meraviglie del Vineland: dare la caccia ai bisonti, incontrare gli Uomini Rossi.
Sospiro. Impugno di nuovo il megafono.
«Passeremo ora sul ponte di barche costruito al posto dell'antico ponte Elio. Come forse saprete, tutti i ponti di Roma vennero distrutti dall'imperatore Aureliano nel 1028 ab Urbe condita, nel tentativo di evitare il primo sacco della città».
Evito di mentire su quando verranno ricostruiti. Tanto hanno ormai tutti capito. In Nippon stanno costruendo un edificio alto ben venti piani. Hanno piroscafi a vapore che raggiungono i trenta nodi.
«Ci fermeremo per mezz'ora nello stabulum oltre il ponte, per cambiare i cavalli. Oltre ad approfittare dei servizi igienici potrete rifocillarvi gustando alcune antiche specialità romane e visitare l'annesso negozio di ricordi dove sono in vendita autentici denarii e antoniniani d'epoca, lucerne in terracotta, falli propiziatori…».
Mentre l'omnibus traballa sul ponte snocciolo la lista di articoli, sulla vendita di ognuno dei quali percepisco una sportula del due per cento dal padrone del negozio. La sosta non è tecnicamente necessaria: il tiro da ventiquattro potrebbe reggere ancora fino al Pantheon. Ma là non ho accordi con nessun negoziante.
Nella fumosa taberna della stazione di posta sbircio con invidia l'abaco meccanico che uno dei turisti Nippon tira fuori dalla borsa per calcolare il tasso di cambio del sesterzio. È brutto abitare alla periferia del mondo, quando da piccolo sognavi le meraviglie del futuro.
Come se mi leggesse nel pensiero un Anglo giovane, con la faccia dipinta di blu, mi porge un boccale di cerevisia calda, come piace a loro. «Molto interessante, quello che ha detto sulla Strage degli Innocenti - commenta, in un latino impeccabile -. Forse lei conosce l'opera di un nostro grande narratore di letteratura fantastica, Philippus Dichius…».
Al sentire quel nome, un altro Anglo scoppia a ridere, facendo esplodere la schiuma del suo boccale.
«Lo perdoni - si scusa l'altro -. Il nome latino Dichius ricorda molto la parola dick, con cui in Anglia chiamiamo l'organo maschile».
«Capisco».
«Il mese scorso è uscito un suo nuovo romanzo, che descrive un mondo in cui la Strage non avviene, e un profeta ebreo nato il 25 dicembre, come Sol Invictus, diventa un dio e instaura un'epoca di pace universale».
«Mi spiace. Non leggo da un sacco di tempo letteratura fantastica».
L'eco di un'esplosione nella parte settentrionale della città irride le parole "pace universale".
«Scusi, onorevole guida - ci interrompe una matura domina Han - secondo lei è autentica, questa moneta?».
E mi mostra un antoninianus di Quintillo che grida vendetta.
«Autentica come il Sole» mento, levando il boccale in un brindisi al dio sconosciuto.
Il dio di Philippus Dichius.
Il dio di un mondo di pace.

25 novembre 2009
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